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I superpoteri delle mamme

Mia madre mi raccontava che dopo la mia nascita mentre girava per le strade della sua città osservava i passanti e pensava “ma questa gente si rende conto che io ho fatto un figlio?”

Che poi era sua figlia. Che poi ero io.

È la sensazione di onnipotenza di essere complici della creazione in un senso che va ben oltre la materia.

La sensazione di lavorare per conto di Dio.

Della Dea, pardon.

Il senso di onnipotenza nel renderti conto di abitare un corpo super sapiente.

Evidentemente creato da un’intelligenza superiore.
Dagli alieni probabilmente. La Nasa ci fa un baffo.
Un corpo capace di fare, è proprio il termine giusto FARE, un individuo che prima non c’era. Capace di modificarsi in poche ore, di aprirsi per poter far atterrare il nuovo essere che ha creato.
No, dico, Se ci soffermiamo a pensarci è davvero fantascienza.
E poi, poiché è stato progettato probabilmente dai genitori del maestro Yoda, visto che c’è un nuovo individuo da crescere, già che c’è si mette pure a produrre nutrimento. E mica uno a caso. Proprio quello che serve a quel piccolo lì. Non è solo specie-specifico.
Pare sia pure bimbo-specifico.
Certo, perché le menti superiori se progettano un corpo del genere mica lasciano le cose a mezzo.
Nossignore.

C’è di che sentirsi le sorelle segrete di Superman.
Di tutto questo sì, dovremmo sentirci onnipotenti.
O almeno potenti, con dei poteri: creare, partorire, nutrire, accudire.
Potenti e grate.
Ma in genere non è questo a far sentire le mamme potenti.
Le mamme sentono di dover fare tutto e arrivare ovunque.
Ovunque il mondo si aspetti che arrivino.
Le mamme rispondono alla performance che viene richiesta. Che non prevede affatto di utilizzare i veri poteri che l’universo ha messo loro a disposizione, quelli di cui sopra.
La performance richiede di saper gestire il neonato senza lasciarsi corrompere da una relazione totalizzante. Di mantenere comunque una gestione efficiente della casa, degli eventuali altri figli, del compagno, spesso del lavoro e della vita sociale.
Donne che tornano al lavoro quando i piccoli hanno pochi mesi.

Che immediatamente si occupano di tornare in forma, di perdere chili, di mantenere una certa immagine. Perché la donna mamma abbondante e struccata mal si adegua al modello della performance.

E quelle che non ci riescono, quelle che in balìa degli ormoni riescono a essere “solo” mamme, si sentono delle incapaci, perché non sono riuscite a tenere insieme tutti i pezzi.
Perché questa nostra cultura occidentale e maschile si gioca, sempre e comunque, sulle polarità.
O sei una mamma perfetta e rispondi alle aspettative (e sì, puoi sentirti onnipotente} oppure sei una mamma e basta e non ce l’hai fatta (e sì, devi sentirti mal funzionante).

Oppure.
Ci sono altri modelli di onnipotenza e perfezione.
Le mamme-mamme che sanno tutto, cucinano qualunque cosa, non alzano mai la voce, rispondono a qualunque protocollo pedagogico (e sì, puoi sentirti onnipotente).
E quelle che non ci riescono, che sono mamme-umane, non riescono sempre a sfornare torte biodinamiche per la merenda dei pargoli, anzi, magari non sanno neanche cucinare, perdono la pazienza, non accoppiano i calzini (e sì, si sentono le peggiori fra le mamme).
Potremmo andare avanti a lungo.
Le categorie interpretative sono molte e diversificate.
Ma tutte si giocano sulla polarità, sulla lista delle capaci e delle incapaci.
Che poi non è altro che la vecchia categoria che un tempo si scriveva dietro la lavagna: i buoni e i cattivi.

Vale sempre la pena ricordare Winnicot, che la Dea l’abbia eternamente in gloria.
Colui che ha finalmente affermato che le madri non devono essere sempre perfette.
Colui che cl ha liberate dalla zavorra di dover essere infallibili.
Che ha addirittura sostenuto che i nostri eventuali errori non causeranno necessariamente danni irrimediabili nei nostri figli.
Winnicot ha detto: ok, fate del vostro meglio, basta che siate “sufficientemente buone” e andrà benissimo. Se cercate di essere presenti affettivamente, se pur portandovi dietro i vostri limiti (tipo ansie, preoccupazioni, stanchezza, scoramenti etc.) cercherete di esserne consapevoli, va bene.
Trasmetterete cose buone e vere, compresa la fallibilità umana e il saperla comunque affrontare. Ecco.
Dovremmo ricordarlo e ripeterlo, ripeterlo, ripeterlo.
E ripeterlo ancora, che non basta mai.
Ma la riflessione è un’altra. Oltre a sentirci madri sufficientemente buone e ad accettare di non essere perfette dovremmo ricordare che l’universo, o la Dea o gli alieni hanno progettato il nostro corpo con i famosi poteri.
Creare, partorire, accudire, nutrire.
Specifici, specie-specifici, materni.
Quelli abbiamo, e sono già una gran cosa.
Quelli dobbiamo utilizzare e di quelli sentirci potenti.
Potenti, cioè con dei poteri.
Potenti, non onnipotenti.

Non farcela come stile di vita

Dopo il successo del blog @MammaDiMerda, Francesca Fiore e Sarah Malnerich approdano in libreria con il loro imperdibile Non farcela come stile di vita. Una guida per diversamente performanti”, edito da Feltrinelli. Questo si preannuncia come il testo di riferimento per madri inadeguate. Le due autrici affermano che il mito della mamma multitasking e con infinite risorse è una trappola da cui tenersi lontane. Essere “disorganizzate, approssimative e procrastinatrici” è una scelta di campo, la liberazione dallo stereotipo del modello di perfezione materna.