Firenze, 3 dicembre - “L’arte della mestrualità”

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La placenta, ambasciatrice della continuità

Partorire: individualità dei pattern di travaglio.

Editoriale della direttrice Anna Maria Rossetti, tratto dal numero 7 della rivista Archimetra sul tema della placenta umana – aspetti clinici e simbolici nelle radici della nascita.

La placenta umana

Tema curioso “la placenta umana”, ci si potrebbe chiedere perché farne un numero di una rivista di settore? Con tutto quello che si potrebbe dire a livello scientifico, cosa scegliere? Inoltre è un tema con un’apparente ridotta applicabilità clinica, salvo per chi si occupa di “medicina placentare”, giusto?
E invece no, rendiamo giustizia alle professioniste ostetriche e rivendichiamo il ruolo della Midwifery Care nella salute placentare.

Secondo l’OMS l’incidenza di prematurità, così intimamente legata alla salute placentare, viene significativamente ridotta dalla continuity of care delle ostetriche. Qual è la connessione tra l’ostetrica che assiste la donna, il modello di assistenza che usa e la vita della placenta sua e del suo bambino?

Esiste una connessione biologica tra le placente e le ostetriche che comprendiamo se integriamo l’ottica biopsicosociale nella maternity care

…ma anche la salutofisiologia di Schmid, cioè la capacità pratica di rafforzare la salute materno fetale con strumenti relazionali, fisici, comportamentali.

Ma partiamo dall’inizio: quando si studiano le meraviglie di questo organo complesso si tralascia il suo ruolo nel modificare il cervello materno, i pensieri e i comportamenti della madre a breve e a lungo termine. 

La placenta è quindi la prima guida biologica istintiva alla genitorialità e al contempo è il sensore del benessere materno, familiare e sociale. La sua salute è vincolata al terreno materno in cui si sviluppa, ma non solo, anche al terreno paterno da cui proviene la metà del suo pacchetto genetico. 

La placenta ha un ruolo a lungo termine

Con la clinica in gravidanza cogliamo segnali del benessere placentare e individuiamo punti di attenzione (o fattori di rischio) sui quali agire in modo salutogenico, per ripristinare la salute, appunto, e questo numero è pieno di strumenti ostetrici salutofisiologici con questo obiettivo.Finché non si comprende la profonda connessione tra la placenta umana, il sistema nervoso materno e l’ambiente, la placenta è destinata a vivere nel regno del mistero e dell’ineluttabilità, derubricata a organo a sé stante, e come tale soggetto di screen e test da medici specializzati all’interno del modello sanitario dominante: quello (meno efficace) fondato sul solo evitamento del rischio. Questo modello è prezioso, ma necessita della complementarità della salutogenesi. Sembra inoltre che parlando di placenta umana ci si riferisca solo alla gravidanza, quando invece la placenta è l’ambasciatrice della continuità del processo, avendo un ruolo a lungo termine che si estende al parto e oltre, nei mille giorni del periodo primale umano. Ha un ruolo di nutrimento che non è solo fisico ma affettivo, emozionale, sensuale, di imprinting del concetto stesso di nutrimento.

Questo ruolo si estende al travaglio di parto…

La placenta però ha anche un ruolo nell’avvio del travaglio e nel determinare i differenti pattern contrattili uterini in periodo espulsivo, a seconda dei bisogni fetali, e soprattutto a protezione del cuore e del cervello fetale, come intuiamo osservando comportamenti uterini “inusuali” in caso di rischio emodinamico fetale. La placenta ha un ruolo primario nell’assistere la transizione del bambino appena emerso nella sua nuova vita extrauterina.

…e all’esogestazione

Ci teniamo a smontare il modo di dire “sangue cordonale”, per parlare di sangue neonatale. Prendiamo tempo per analizzare i benefici che apporta la trasfusione placentare fisiologica nei neonati, riconoscendo la personalizzazione dell’assistenza sulla base dei loro bisogni e delle scelte genitoriali e rifiutiamo l’abbruttimento pseudoscientifico che porta all’implicita routine della donazione del sangue dei neonati alle banche. Analizziamo il contesto culturale che considera la placenta umana uno scarto biologico, subito dopo il parto, quando invece è ricca di potenzialità e continua a essere una protettrice della salute materna anche in esogestazione, se trattata con cognizione. Andiamo oltre: non è solo la connessione tra sistema nervoso materno e placenta a modificare il livello di salute placentare, le placente riflettono infatti il livello di salute delle società e tengono memoria dei momenti storici in cui sono nate; la placenta è quindi anche la fotografia (imprinting epigenetico) dell’epoca storica in cui si vive. E con tali presupposti, questo organo funge da radice per ogni essere umano che viene al mondo e per ogni donna che diventa madre. Come tale non ha solo un valore biologico ma possiamo pensare che sia un significante simbolico. Di cosa? Ciascuno ha diritto di farsi la sua idea su che cosa rappresenta, contiene e custodisce la propria placenta: le radici, le antenate, le storie e le canzoni della nostra infanzia e dell’infanzia dei nostri genitori, simboli archetipici di terra, di nutrimento, di protezione.

La placenta delle ostetriche

Volendo avvicinare le ostetriche al tema di questo numero su un piano non biologico, abbiamo proposto un questionario anonimo che indagasse la placenta simbolica delle colleghe ostetriche, cioè ciò che le nutre e le protegge. Il questionario ha raccolto i dati di 950 partecipanti (il 4,5% delle ostetriche italiane); per la mole sarebbe stato impossibile riportarli tutti, ma un articolo con dati preliminari è a chiusura della sezione “Senso profondo” della rivista. Nel corso di tutto il numero emerge quanto la salute placentare possa e debba poter essere curata dalle donne, aiutandosi con metafore elementali, supportate nel riconoscimento delle loro incredibili competenze, connesse in modo unico con i loro bambini in pancia.

A noi addetti ai lavori, la placenta continua a portare il suo preistorico insegnamento, che ha attraversato ere e culture rimanendo invariato: “chi nutre ha bisogno di essere nutrito e il nutrimento non è mai solo cibo”. Con questo messaggio la placenta rimette a tutta la società la responsabilità della salute materna e infantile e delle scelte politiche allineate con quella che potremmo definire l’aspettativa biologica di tutti i bambini, di tutte le placente, di tutte le mamme: essere nutriti (di fiducia e amore) per poter fiorire. 

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Partorire: individualità dei pattern di travaglio