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L’importanza delle pause

Tutta l’attività organica, a partire dalla prima cellula embrionale, è regolata da un ritmo alternante tra contrazione e espansione. In altre parole si può dire che l’organismo vivo è un essere pulsante. 

Ma questo ritmo attivo è periodicamente interrotto da una pausa, chiamata default mode network in linguaggio neurofisiologico. Durante il default mode l’attività cerebrale o creativa (dell’organismo) si ferma per integrare quanto è stato mosso, le esperienze fatte, le dinamiche in gioco.

La pausa o il default mode è quindi un’importante fase per “entrare dentro di sé”, apprendere e evolvere.

Anche il travaglio di parto segue questa legge della fisiologia. 

La sua dinamica è fatta di contrazioni e pause. Più progredisce il parto, più profonde diventano le pause (l’entrare dentro di sé), più evolve la progressione verso la nascita.

Questa alternanza ritmica tra doglia e pausa è periodicamente interrotta da fasi di transizioni in cui il travaglio si ferma del tutto o quasi per un tempo più lungo.

La medicina ostetrica ha eliminato queste pause con la conduzione attiva e medica del parto, senza interrogarsi sulla funzione delle fasi di transizione.

È facile immaginare come un processo così intenso come le doglie del parto, impegnativo dal punto di vista fisico, metabolico, energetico e psichico (per madre e bambino) necessiti di diversi adattamenti a più livelli e che quindi le transizioni abbiano questa precisa funzione di integrazione e riequilibrio, della ricostruzione di nuove risorse.

Prendendo lo spunto dal lento progesterone, presente solo nel parto umano, non potrebbe essere che il progesterone presente nel siero e quello eventualmente “accantonato” dai recettori PR-C sul fondo uterino rappresenti una risorsa che rimane disponibile per i momenti di adattamento in cui una pausa diventa necessaria? Che induca il default mode?

Questa ipotesi è sostenuta anche da un altro fattore: oltre all’azione genomica del progesterone è stata osservata anche una sua azione non genomica, più rapida e diretta, che regola direttamente il livello intracellulare di calcio e quindi la capacità contrattile delle cellule miometriali (Mesiano 2004, Vrachnis 2011). È quindi possibile che il progesterone abbia una funzione regolatrice anche sull’utero già pronto alla contrazione (Krueger 2018).

Ecco la possibile funzione “on-off” del progesterone rispetto alla contrazione!

Durante le fasi di transizione lenta, dove tutto si calma (doglie, cervello, metabolismo), prende la dominanza il sistema parasimpatico che è il sistema espansivo del corpo. Esso permette un riequilibrio energetico attraverso la stimolazione degli organi interni e l’aumento della vascolarizzazione, il miglioramento dell’ossigenazione e il recupero delle piene funzioni placentari.

Attiva il sistema “calma e connessione” che stimola di nuovo, tra altri, l’ossitocina e la prolattina. Attiva tutti gli ormoni sessuali utili allo svolgimento fisiologico del travaglio, e perché no, probabilmente anche il progesterone che insieme alla prolattina collabora al ripristino energetico.

Il progesterone riattivato potrebbe essere il promotore del default mode, quando ci vuole.

Ecco perché l’ostetrica Nele Krueger, nella sua ricerca qualitativa “Della progressione durante le pause” (FH Salzburg 2018) descrive come l’adattamento che avviene nelle pause sia condizione per una rapida progressione successiva, in caso di eustress, prevenendo il distress così nocivo.

Rispettare le pause, sfruttare l’azione “sconosciuta” del progesterone, ripristinare l’omeostasi significa, alla fine, rendere il parto più rapido, ma soprattutto più armonico e sicuro per il bambino e la madre.

Di Verena Schmid

Bibliografia e siti di riferimento

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