Il primo trimestre di gravidanza, dal punto di vista PNEI, è definito “del CAOS” perché destabilizza e sprona la donna all’adattamento. La donna è indotta dagli ormoni a divenire ricettiva, quindi passiva. Questi ormoni, per fare ciò, rallentano la persona, sovvertono i ritmi giornalieri, aumentano il sonno, rendono impossibile mangiare in alcuni momenti. Il progesterone e gli ormoni del bambino, le B-hcg, stanno chiedendo alla donna di farsi terra. Si alzano anche gli ormoni dello stress che, se mantenuti a livelli normali, rendono più veloce l’annidamento del bambino in utero. Il cortisolo, soprattutto, inducendo la sintesi di prostaglandine nell’endometrio, rende il terreno uterino più rorido, più ricco, più sensibile anche, ecco perché nel primo trimestre di gravidanza si possono sentire “le scintille” nella pancia: sono le prostaglandine che accendono l’utero, come una ghirlanda di luci che venga accesa sull’albero di Natale. Queste sensazioni possono anche divenire simili a piccoli crampi e accompagnarsi con perdite rosate, tutti indici di buon annidamento.
Il primo trimestre, anche in una gravidanza desiderata e cercata, può mettere alla prova l’adattabilità psico-fisica materna e gli alti e bassi possono far sentire la donna stranamente poco entusiasta della gravidanza. È bene sapere che ambivalenza e stati di malessere alternati, sono totalmente fisiologici in questo trimestre.
L’ostetrica può aiutare la donna e la famiglia ad accettare il processo di adattamento del primo trimestre, accogliendolo per quello che è, legittimando le ambivalenze, rimuovendo così il tabù e lo stigma che spesso travolgono una persona incinta che stia attraversando una crisi. L’ostetrica può anche aiutare la donna ad orientarsi verso risorse, stili di vita e strategie per cooperare meglio con l’adattamento del primo trimestre e può proporre trattamenti manuali antistress e di riarmonizzazione. Spesso nelle donne che hanno subito lutti, aborti o traumi, il primo trimestre di una gravidanza, anche desiderata, innesca uno stato di ansia che rende più difficile l’adattamento. L’ostetrica, anche in questo caso, può aiutare tramite il tocco, le visualizzazioni, l’ascolto e con la presenza.
Il primo colloquio
Alcuni atteggiamenti assistenziali, se non commisurati al bisogno reale della donna al momento del primo colloquio, rischiano di far calare dall’alto prescrizioni e proiezioni che generano ansia nella persona e la percezione che la gravidanza sia una malattia. La credenza che appena scoperta la gravidanza si debba correre subito a fare una visita medica, ad esempio, o ricevere senza averle richieste le informazioni sulla diagnostica prenatale, essere proiettata subito nello scenario di un bambino malato e quindi nell’opzione dell’interruzione volontaria di una gravidanza cercata, possono danneggiare molto le donne, l’immaginario sul bambino e il modo in cui vivono il primo trimestre di gestazione. In alcune donne e coppie l’abbagliamento sanitario sulla loro gravidanza ritarda il bonding prenatale: il bambino è costantemente sottoposto a test, così che solo quando avrà superato tutte le prove (bi-test, amniocentesi, ecografia morfologica) la mamma e il papà si autorizzeranno ad affezionarcisi.
Il primo colloquio con un’ostetrica è un imprinting. I professionisti sanitari hanno la responsabilità di fare cultura, demedicalizzare la maternità e far sì che non venga vissuta come una malattia.
Possiamo chiamarla “slow midwifery”: in contrapposizione alla fretta del mondo moderno, l’ostetrica SEAO rallenta e prolunga i tempi dedicati ai colloqui in gravidanza in modo da offrire un terreno sicuro, di riconoscimento degli aspetti bio-psico-sociali e individuali, avvalorare il processo di bonding prenatale se presente e accogliere ambivalenze e paure. Così l’ostetrica capisce qual è il momento giusto per presentare l’offerta assistenziale sanitaria (l’agenda della gravidanza, gli esami proposti, eccetera) e quando proporre interventi di riarmonizzazione. Questo approccio permette di non scavalcare i bisogni reali della donna e della famiglia in un primo colloquio, bisogni che raramente sono meramente sanitari.