L’approccio non invasivo alla rianimazione neonatale

Una voce familiare per richiamare i bambini che tardano a rendersi conto di essere nati
Anna Maria Rossetti

Anna Maria Rossetti

Ostetrica, direttrice SEAO, Spinning Babies Approved Trainer, autrice

La scena è questa: nascita in casa, in acqua, la vasca da parto accoglie la mamma e attorno vi sono le ostetriche, due, e il compagno, padre del piccolo. Il travaglio e il parto sono fisiologici e quando il bambino nasce, spinto dalla madre, ed emerge dall’acqua direttamente tra le sue braccia, ha gli occhi
chiusi, il respiro non è ancora regolare. Cosa che di per sé è nel range di fisiologia, ma questo bimbo sembra un po’ flaccido e si direbbe non essersi accorto di essere nato. Il cordone pulsa vigoroso suggerendo che non vi è pericolo per la sua salute poiché il suo respiro e il circolo sono sostenuti ancora dalla placenta, però nella calma sospesa, nel silenzio accogliente dei genitori e delle professioniste, vi è il velo di apprensione che sempre accomuna le scene di nascita in cui i neonati si prendono il loro tempo per “atterrare”. Passano minuti nei quali la madre delicatamente sostiene e osserva il neonato, gli parla piano, come si fa con chi dorme, aspettando di vederlo aprire gli occhi e ricambiare lo sguardo. Ad un tratto irrompe sulla scena, accompagnata da un’inconsapevole zia, la sorellina primogenita: quattro anni e un’esplosione di entusiasmo senza filtri “FRATELLINOOOOO!!!” urla eccitata. Una scossa percorre il neonato, una voce nota lo chiama senza pudore nell’Aldiqua! Si sveglia dal suo torpore, caccia un urlo e poi con calma apre gli occhi per guardare la sua mamma. “Sei qui”, paiono dire entrambe le due coppie di occhi ammirati.


Accedi per continuare la lettura!

Questo articolo è disponibile solo per gli abbonati. Se hai già un account, fai login qui sotto.
Se invece vuoi entrare nel nostro mondo di contenuti esclusivi, inizia da qui e scegli la tua membership!