Cicatrici di Nascita - Schmid, Rossetti, Cappi, Sfetez - 28/5 - Firenze

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Violenza ostetrica riconosciuta in Portogallo. Un primo passo verso il dialogo e il cambiamento

Trigger warning: violenza, abuso.

La recente notizia della legge Portoghese contro la violenza ostetrica ha suscitato grande scalpore mediatico. E altrettanto pronte sono state le reazioni degli ordini dei medici e degli infermieri che si sono uniti in una raccolta firme per l’immediata abrogazione della legge.

Ma che cos’è la violenza ostetrica?

Perché genera tanto risentimento parlarne?

Ma soprattutto, cosa dice la legge portoghese?

Nel mondo esistono già cinque Paesi che hanno introdotto leggi su questo tema: Venezuela, Brasile, Argentina, Messico e Uruguay; il Portogallo, quindi, è il primo in Europa. Tuttavia non vi è una definizione unanime di “Violenza Ostetrica” ma alcuni punti sono in comune:

  • Pratiche mediche e assistenziali operate senza consenso
  • Ridicolizzare, infantilizzare, presa di controllo della donna e del suo corpo
  • Assoggettamento
  • Vietare di mangiare, bere, muoversi, essere accompagnata da una persona familiare
  • Eccesso di medicalizzazione senza ragioni cliniche (too much too soon)
  • Intervento tardivo e inadeguato (too little too late)
  • Minacce

La legge portoghese

Nella legge portoghese non si parla nello specifico di tutto questo, bensì di un più generico “abusi e mancanza di rispetto” (definizione OMS). La legge portoghese entra nello dettaglio solo per due comportamenti assistenziali, per i quali prevede segnalazione e provvedimenti disciplinari: la mancanza di comunicazione o giustificazione per il cambio di piano del parto della donna e il ricorso routinario l’episiotomia.

Questo ha una ragione storica: il Portogallo ha detenuto per anni il record europeo per pratica episiotomica di routine contro tutte le evidenze scientifiche. 10 anni fa era al 78% con picchi di 100% in alcune realtà. Ad oggi si attesta attorno al 40% che è ancora il doppio della media europea e 4 volte quanto raccomandato dall’OMS.

Sappiamo che la violenza ostetrica è presente anche in Italia (secondo i risultati preliminari dell’indagine condotta da SEAO nel 2024, oltre il 56% delle ostetriche italiane dichiara di essere stata testimone di vo), ma sembra che parlare di vo ponga una distanza tra le famiglie, le donne e gli operatori sanitari.

Invece si è scelto di utilizzare il termine violenza e non abusi e disrispetto (OMS) proprio per significare la natura sistemica del fenomeno. Sistemica significa che non sono i singoli operatori sanitari gli unici responsabili di vo sulla base delle scelte comportamentali individuali, ma con il termine vo si amplia il fuoco della lente che osserva il fenomeno per riconoscere che è un sistema ad essere da migliorare. Gli operatori che compiono violenza ostetrica non sono quasi mai persone violente, ma le loro azioni sono generate da un sistema che per lungo tempo non si messo in discussione a partire dalle formazioni universitarie.

Per questo sono interessanti, nella legge portoghese, gli articoli 3 e 4 che fanno esplicitamente riferimento a un cambio di paradigma. L’articolo 3 infatti parla di includere il tema della violenza ostetrica all’interno dei percorsi di educazione sessuale, per estendere il tema dell’autonomia sessuale e riproduttiva includendo gravidanza, parto ed esogestazione.

Nell’art. 4 invece si fa riferimento alla formazione degli operatori sanitari e all’implementazione dei CV universitari di medici, ostetriche, infermieri, su temi come: i diritti umani, i diritti riproduttivi, politiche sociali e la sensibilizzazione sul tema della vo.

Cosa fare?

Innanzitutto parlarne. Confrontarci, restare aperti.
Quindi non solo è anacronistico, svalutante e screditante donne e professionisti il fatto che associazioni mediche e ostetriche si oppongano al riconoscimento della violenza ostetrica, ma anzi sono proprio loro che dovrebbero accogliere questa richiesta di consapevolezza e confronto, partita dal basso e parlarne, alle istituzioni, ai decisori politici, ai direttori universitari, al ministero della Salute e dell’Istruzione, aiutati dalle madri che siamo nati per servire, e così cambiare un sistema misogino e polarizzante.
Non solo le donne e le famiglie hanno bisogno di sentirsi sicure ma questo è un bisogno anche dei medici e delle ostetriche che lavorano in questo sistema.

Abbiamo bisogno di guardare l’elefante nella stanza e riconoscere la pesante eredità di misoginia e patriarcato che ha connotato l’assistenza al parto nella sua storia medica. Ora siamo pronti a metterci in discussione ma non solo singolarmente, la società sta cambiando verso una sensibilità nuova rispetto ai diritti sessuali e riproduttivi delle donne e chiede a gran voce che cambino i curricula universitari, la ricerca scientifica e anche l’atteggiamento del sistema sanitario quando a fruirlo sono donne.

Per approfondire

Guarda il nostro webinar gratuito sulla violenza ostetrica
Leggi l’articolo IPOV in inglese o spagnolo
Leggi la legge portoghese
Qui la risposta dei medici portoghesi
Qui il commento dell’associazione delle ostetriche portoghesi
Qui il commento della docente in Politiche Pubbliche Ana Bela Gil dell’Università di Lisbona