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E i ciechi e i patriarchi la chiamano stregoneria

Spoiler: sono i protocolli sanitari a creare quello spazio di tabù in cui nasce la magia delle ostetriche, streghe moderne.

Chiariamoci, i protocolli, anche per il parto normale, nascono per fare del bene: minimizzano l’errore umano derivato dall’estro del singolo per aderire il più possibile alla scienza nota; vogliono creare uno standard minimo di adeguatezza delle cure a prescindere dal dove si partorisce, assicurandosi che gli operatori siano nelle condizioni di conoscenza e preparazione di base quali l’igiene e le manovre salva vita. Per questo i protocolli devono poter cambiare: perché quello che sappiamo oggi, grazie al progresso scientifico, è meno di quello che sapremo domani. Per esempio, una volta si credeva che il cordone ombelicale del bambino appena nato andasse tagliato subito per prevenirgli danni, oggi si è scoperto che il taglio precoce crea danni a lungo termine fino a tre anni nella vita del bambino e che tenere il cordone intatto è la pratica più sicura.

Ecco i bias (cioè le criticità insite) nel concetto di protocollo per l’assistenza al travaglio e al parto:

  1. Il sistema è al centro del sistema stesso, non la persona. Il modello patriarcale non accetta di essere messo in discussione dalle ostetriche, ancor meno dalle donne, prime utenti del sistema ostetrico. Una persona che rifiuti il protocollo è percepita come nemica, come una minaccia agli operatori che rappresentano il sistema. Il concetto stesso di autodeterminazione nelle scelte di salute, come sancito dalla Carta di Ottawa (1986) decade velatamente o platealmente di fronte ad una donna che rifiuti il protocollo al parto. Il problema non è il protocollo, è come viene applicato all’interno di un modello patriarcale: crea divisioni, crea un “noi”, cioè gli operatori identificati con il sistema” e un “loro”, cioè le donne non collaboranti. In questo scontro è facile che le ostetriche, storicamente più identificate con le donne che con il sistema patriarcale, vengano minacciate di finire sul rogo.
  2. Standardizzazione, se estesa ad ogni aspetto dell’assistenza, è il contrario di personalizzazione, che è invece uno dei punti fondamentali sanciti dal Modello della Midwifery Care (vedi Le 5 C della Midwifery). Posso personalizzare l’assistenza al tuo parto solo se ti considero una persona con preferenze individuali, valori, credenze, aspettative uniche e se a questa tua identità io do valore, mettendomi in tasca le mie aspettative personali e mettendo in discussione – dovendole commisurare ai tuoi valori – le ragioni reali del protocollo.
  3. Aggiornamento dei protocolli: qui spesso sorge il problema, poiché molti dei protocolli ospedalieri sono aggiornati agli anni ’80/’90, contravvenendo alle stesse raccomandazioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità). Ad esempio, è dal 1981 che l’OMS raccomanda di non partorire sdraiate, poiché porta a più danni e difficoltà sia per la mamma che per il bambino. Ad oggi è ancora la posizione in cui gli ospedali mettono più spesso le donne a partorire.
  4. Nel protocollo si insinua il “si è sempre fatto così” e non vi è nulla di più pericoloso. Rendere protocollato ciò che non è scientifico ma che è basato sul “si è sempre fatto così” fa parte purtroppo del frequente retroscena dei protocolli ostetrici. Le abitudini assistenziali createsi in tempi ben lontani da quelli di ora, in cui le donne non rivendicano ancora così a gran voce dignità e diritti anche in ambito ostetrico, infiltrano la maggior parte delle realtà ospedaliere, non solo in Italia. La difficoltà ad estirpare le abitudini nocive al parto sono a loro volta figlie del patriarcato, che non accetta di mettersi in discussione, pena il crollo del sistema.
  5. Chi finanzia e conduce gli studi in ostetricia è solitamente chi ha i soldi e il potere per farlo: quindi quasi mai le donne e le ostetriche. Ma chi ha i soldi e il potere più spesso è un rappresentante dei valori dominanti, quelli che prevedono la focalizzazione sul rischio e l’accerchiamento tecnologico della gravidanza e del parto. Sono quindi condotti prevalentemente studi in modo e su ambiti implicitamente escludenti il punto di vista delle donne, il loro vissuto, la loro voce per non parlare dell’ottica salutogenica, che rimane nel cassetto. 
  6. Gli studi ostetrici sono mediamente di bassa qualità e il 40% di raccomandazioni scientifiche si fondano su “opinione di esperto”. Il grosso bias dell’ostetricia è che è una scienza imperfetta. Gli studi scientifici ottimali sono quelli che si possono condurre sulle molecole. Non si possono fare buoni studi su un evento complesso dipendente dalla soggettività delle persone, fondato su parametri non misurabili quali l’empatia, la qualità di legame e relazione. E questo è un fatto. 
  7. L’impoverimento della clinica. I protocolli applicati senza giudizio uccidono il ragionamento clinico proprio delle professioni intellettuali, quali quella ostetrica.
  8. L’impoverimento della formazione ostetrica degli operatori. La restrizione della pratica ostetrica dettata dai protocolli ha avuto un effetto di impoverimento della stessa formazione ostetrica. Anche detto: ciò che è fuori dai protocolli arbitrariamente concordati, non merita nemmeno più di essere studiato: l’assistenza al parto gemellare naturale, al parto podalico naturale ne sono esempi lampanti. Ancora peggio, ed è una derivazione dello stesso punto: ciò che non è incluso nei protocolli diventa tabù. Quindi una donna che partorisca i suoi gemelli a casa naturalmente è denunciabile e con lei le sue ostetriche, senza alcuna evidenza scientifica a supporto del parto ospedaliero per i gemelli ma solo perché il protocollo non lo prevede.
  9. L’aut-aut: se sei fuori dal protocollo non hai più diritto ai fondamentali del rispetto della tua fisiologia. Anche qualora una donna abbia un parto non normale per alcuni aspetti, perché magari il travaglio è stato indotto con i farmaci, o perché ha una patologia che richiede osservazione e terapie, nonostante questo è importante sapere che la fisiologia di base del parto non cambia, quindi l’assistenza deve potersi arricchire per integrare bisogni nuovi, non mutilarsi. Quello che avviene oggi è che le basi del diritto umano nell’assistenza, quali privacy, libertà di movimento, prevenzione dei danni perineali e neonatali utilizzando le posizioni verticali per partorire, vengono negate nelle donne ad alto rischio. Come se avere la pressione alta o un’induzione farmacologica cancelli i principi di base della fisiologia dei nostri ormoni, del nostro bacino, della nostra vagina, della nostra psiche. Vengono sacrificati i bisogni di base sull’altare di una scientificità priva di fondamento.
  10. La creazione delle streghe. Un effetto dell’applicazione acritica dei protocolli è l’ascrizione al magico di tutto ciò che devia dal protocollo. Non è che le ostetriche siano streghe, è che con le streghe condividono un certo sguardo critico nei confronti dei dettami del sistema patriarcale, della cultura coloniale e razziale, di cui i protocolli ostetrici sono ancora oggi, nel mondo, profondamente impregnati. Le ostetriche che studiano la fisiologia e che sintonizzano la loro opera sui bisogni delle donne, che utilizzano le mani per lenire, le parole per dare coraggio e l’empatia per guidare nelle difficoltà, sanno di lavorare con il non misurabile. Sono già fuori dal protocollo. Sanno cosa funziona e funzionava da prima che inventassero i protocolli, i sistemi sanitari e persino gli ospedali: presenza, relazione, empatia, familiarità. E sanno anche riconoscere quando i protocolli diventano una trappola per appropriarsi dei corpi delle donne, del loro parto e del loro neonato in modo sistematizzato.

L’ostetrica che conosce i protocolli ne conosce le fragilità, e sa quanta parte del suo lavoro è inevitabilmente fuori dal protocollabile, poiché risiede nel saper essere e saper comunicare, prima che nel saper fare. Un’ostetrica che dia quindi credito agli aggiornamenti più recenti in termini di EBM ma che sappia anche che questi non bastano per fare un buon lavoro è inevitabilmente una strega agli occhi della rigidità protocollare. Ecco che gli outcome di queste ostetriche sono migliori: nascite che sembravano impossibili si realizzano e sembra magia.

Assistere una nascita con rispetto e competenza, senza farsi destabilizzare dalla sua unicità, dal modo unico di quella donna di partorire e di quel bambino di nascere, ma soprattutto senza imporre a donne e bambini di nascere e partorire come dettiamo noi pare una chimera, impossibile. Ma le ostetriche streghe moderne ricordano quanto diceva il famoso direttore d’orchestra Barenboim: “L’impossibile è più facile a farsi del difficile”. E semplicemente lo fanno. E i ciechi e i patriarchi la chiamano stregoneria.